Italia, naufragio tecnico e identitario: la Nazionale è senza anima
C’era una volta l’Italia che faceva tremare l’Europa. L’Italia del catenaccio cinico, ma anche della classe di Totti, della forza di Cannavaro, della leadership di Chiellini. Oggi, nel 2025, quella Nazionale è un ricordo sbiadito, quasi un’illusione. La selezione azzurra non è solo in crisi di risultati: è in crisi di idee, di identità, di progetto. Più che una squadra, sembra un laboratorio sperimentale senza una direzione chiara.
La fine dell’illusione Mancini
La vittoria di Euro 2020 è ormai lontanissima. Quello che sembrava un nuovo ciclo, con un gioco propositivo e un collettivo coeso, si è dissolto nel giro di pochi anni. Il mancato accesso a Qatar 2022 è stato il primo schiaffo. La gestione Mancini è passata da rivoluzionaria a confusa, fino alla clamorosa fuga verso l’Arabia. Ma il problema non era solo lui: il sistema Italia ha continuato a produrre illusioni, non certezze.
Un CT senza potere e senza visione
Chi è oggi il vero leader tecnico della Nazionale? Il Commissario Tecnico (che cambia troppo spesso) è spesso ostaggio delle pressioni mediatiche, dei club, dei procuratori. Le convocazioni sembrano più dettate dal compromesso che da un’idea tattica coerente. Si parla di giovani, ma si continuano a convocare giocatori logori, fuori forma o senza minutaggio nei club. Le scelte sono contraddittorie: si chiama chi non ha mai giocato a certi livelli, si lascia a casa chi invece dimostra continuità. Non c’è meritocrazia, non c’è coerenza.
Una generazione incompiuta
La tanto decantata "generazione dei nuovi talenti" è rimasta a metà del guado. Tonali, franato tra problemi extracalcistici e un rendimento altalenante. Scamacca, ancora troppo discontinuo per essere un centravanti di riferimento. Barella e Bastoni, forse gli unici a livello internazionale, ma circondati dal nulla. Mancano leader, manca cattiveria agonistica, manca una cultura della competizione. I giovani azzurri non reggono il confronto con quelli di Francia, Inghilterra, Spagna. Non per tecnica, ma per mentalità.
Club disinteressati e vivai deserti
Il problema non nasce in Nazionale, ma nel sistema. I club italiani, salvo rare eccezioni, non investono davvero sui vivai. La Serie A è ormai terra di transito per stranieri mediocri e plusvalenze artificiali. I giovani italiani non trovano spazio, vengono mandati in prestito a marcire in Serie B o C. Il risultato? Una Nazionale costruita su giocatori senza esperienza internazionale, privi di ritmo, senza capacità di adattarsi a un calcio moderno. L’Italia è ferma mentre il mondo corre.
L’illusione tattica
L’Italia non ha uno stile. Cambia modulo ogni partita, cambia interpreti ogni raduno. Si passa dal 4-3-3 al 3-5-2 senza una vera idea dietro. Non c’è pressing organizzato, non c’è costruzione dal basso, non c’è neanche più la solidità difensiva che era il nostro marchio di fabbrica. A volte sembra che si giochi per non perdere, altre per non esporsi troppo alle critiche. Ma non si gioca mai per dominare. Il calcio azzurro è reattivo, mai proattivo.
Conclusione: un progetto da rifondare, non da rattoppare
Non basta cambiare il CT, non basta sperare che emerga l’ennesimo "talento salvifico". La Nazionale italiana ha bisogno di una rivoluzione sistemica: rifondare i settori giovanili, dare spazio ai giovani nei club, formare allenatori coraggiosi, creare un’identità tattica moderna e coerente. Serve una dirigenza federale forte, competente, indipendente dai giochi di potere.
Fino ad allora, continueremo a vedere un’Italia stanca, spenta, incapace di competere. E a ogni torneo importante, ci ritroveremo con l’amaro in bocca, a chiederci dove abbiamo sbagliato. La risposta, purtroppo, è ovunque.

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